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Rinnovo Ccnl settore Credito: in via di definizione la Piattaforma sindacale


 

Rinnovo Ccnl settore Credito: in via di definizione la Piattaforma sindacale

Lo scorso 28 febbraio abbiamo sottoscritto con Abi un Verbale di sospensione dei termini di scadenza del Contratto Nazionale al prossimo 30 aprile, per favorire un percorso di rinnovo condiviso e utile a raggiungere soluzioni costruttive e di prospettiva per garantire l’unità della categoria dei bancari e valorizzarla sotto il profilo economico, normativo e occupazionale.

In piena sintonia con questa impostazione è proseguito con ulteriore intensità e costanza il lavoro delle Commissioni costituite dalle Segreterie Nazionali, per elaborare le proposte di rinnovo.

La Piattaforma rivendicativa Sindacale è quindi in via di definizione e sarà portata all’approvazione delle lavoratrici e dei lavoratori con il percorso assembleare, che avremmo intenzione di avviare entro aprile.

In quest’ambito abbiamo inoltre chiesto ad Abi di svolgere al più presto un incontro in merito ai Fringe Benefit, per valutare le implicazioni legate a questo tema e alle scelte del Governo in merito, che stanno producendo e potranno ulteriormente creare forti impatti negativi dal punto di vista economico e fiscale alle colleghe e ai colleghi.

Roma, 20 marzo 2023

 

I segretari generali
Fabi –First Cisl –Fisac Cgil –Uilca –Unisin




Banca Popolare di Bari: verso lo sciopero

3 - Fisac Cgil

 

Circa 20 assemblee, centinaia di colleghi e colleghe da tutte le filiali e direzioni generali della banca, un unico responso: continuare la mobilitazione, arrivare allo sciopero.

La dirigenza BPB non può continuare a far finta che tutto vada nella direzione prevista del rilancio della banca, ignorare il profondo disagio operativo ed economico delle lavoratrici e dei lavoratori, a non ascoltare il grido di allarme e di denuncia lanciato già da tempo dalle OO.SS aziendali in varie circostanze.

La banca non può continuare ad ignorare, sistematicamente, regole che, leggi, contratti e accordi le impongono; nascondere la testa sotto la sabbia dando illusione che tutto vada bene, non serve a nessuno, tantomeno ai dipendenti ed al mercato.
Allora, avviamolo stato di agitazione e le formalità per la proclamazione dello sciopero.

Stato di agitazione vuol dire anche che non si fa più straordinario – tanto non lo pagano! -, vuol dire che alle 16:45 (o alle 16:15) “cade la penna” e si va a casa, non si risponde più al cellulare personale per motivi di lavoro, si esce da tutte le chat aziendali!

I dati di bilancio di recente pubblicazione relativi all’esercizio 2022, rafforzano la consapevolezza che i sacrifici dei dipendenti della BPB non sono stati gestiti nella direzione auspicata, ovvero il rilancio della banca. Vi terremo informati.

Bari, 16 marzo 2023

 

Segreterie di Coordinamento FABI-FIRST CISL-FISAC CGIL-UILCA -UNISIN
Banca Popolare di Bari -Gruppo Mediocredito Centrale




Perché è fallita la Silicon Valley Bank?

Silicon Valley Bank (SVB), una delle più importanti banche statunitensi nel settore delle startup tecnologiche, è fallita rendendo necessario l’intervento da parte del governo degli Stati Uniti. È il più grande fallimento nella storia finanziaria del paese dopo quello di Washington Mutual nel 2008 e segna la fine di una banca che solo un anno e mezzo fa aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari. I depositi entro i 250mila dollari saranno garantiti dalla Federal Deposit Insurance Corporation, l’ente che offre garanzie sui conti correnti, ma la quasi totalità degli investitori aveva cifre molto più alte in SVB che ora rischia di non ricevere indietro.

La notizia del fallimento di SVB ha avuto ripercussioni negative sui mercati azionari, ma meno estese di quanto ci si aspettasse. Il sistema bancario statunitense è solido e stabile, come ha chiarito la segretaria al Tesoro Janet Yellen, ma ci sono stati comunque effetti per le società di investimenti di capitale maggiormente attive nel settore tecnologico. Alcune delle più grandi e importanti utilizzavano infatti SVB per gestire le proprie attività finanziarie, erogare i fondi alle startup e indirizzarne le attività di spesa.

SVB era stata fondata nel 1983 a Santa Clara in California e in poco tempo era diventata una delle principali banche della Silicon Valley, dove iniziavano a concentrarsi le aziende informatiche. Nel 2021 la banca gestiva circa la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le startup: era cresciuta velocemente e aveva attirato numerosi investitori, interessati ad avere una banca specializzata negli investimenti nel settore tecnologico.

Per lungo tempo gli affari erano andati molto bene, complici i successi e la veloce crescita delle società tecnologiche. SVB aveva raccolto risorse finanziarie di vario tipo per 200 miliardi di dollari, una cifra importante, ma comunque distante da quelle raccolte dalle banche più grandi e tradizionali statunitensi, solitamente nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari.

Nel complesso, SVB utilizzava il denaro depositato dai propri clienti per investirlo in obbligazioni (bond). Non era una pratica che metteva in atto solo questa banca ma è il meccanismo con cui funzionano tutte le banche del mondo, un meccanismo che in tempi normali non dà problemi. Il che aveva fruttato bene fino allo scorso anno quando era iniziata ad aumentare l’inflazione. La banca centrale degli Stati Uniti (la Federal Reserve) era intervenuta aumentando i tassi d’interesse, facendo ridurre il valore degli investimenti che SVB aveva già effettuato a tassi più bassi.

Come le altre banche, SVB avrebbe potuto attendere la fine naturale degli investimenti già fatti per arginare il problema, ma si era ritrovata a fare i conti con un forte rallentamento dell’economia legata alle aziende tecnologiche della Silicon Valley. Il flusso di nuovi depositi si era ridotto e molti clienti avevano iniziato a essere scettici sulla solidità e l’affidabilità della banca, tanto che alcuni avevano scelto di ritirare i propri fondi anche su sollecitazione di alcuni fondi di investimento.

Lo scorso 8 marzo le cose erano peggiorate ulteriormente quando SVB Financial Group, uno dei rami della banca, aveva annunciato la vendita di titoli per 21 miliardi di dollari, prevedendo una perdita di circa 2 miliardi di dollari. La banca confidava in questo modo di rimettere in sesto i bilanci, ma l’annuncio delle perdite aveva spaventato ulteriormente clienti e investitori, determinando una nuova ondata di prelievi da parte dei correntisti. È successo quello che in economia si chiama una “corsa agli sportelli”, ossia il ritiro massiccio di gran parte dei depositi da parte dei correntisti dettato principalmente dal panico.

Venerdì 10 marzo era infine intervenuto il governo con la decisione di chiudere la banca per tutelare i proprietari dei conti.

Secondo gli analisti, SVB è fallita così rapidamente a causa della forte esposizione su un unico settore, quello delle aziende tecnologiche della Silicon Valley, e della conseguente mancanza di differenziazione con investimenti in altri settori. Fino a quando la crescita di alcune startup e di aziende già consolidate era stata forte, SVB non aveva avuto problemi nemmeno in altre fasi di generale rallentamento dell’economia. La banca era del resto scelta da molti investitori perché offriva facilmente accesso al credito per le startup, con piani dedicati per il finanziamento di società che per definizione perdono soldi nella loro fase di avvio.

Considerata la specificità di SVB, le analisi circolate finora non segnalano particolari rischi per il resto del settore bancario statunitense. Il fallimento avrà ripercussioni limitate, ma è comunque un ulteriore segnale del momento di difficoltà che sta interessando i venture capitalist, i soggetti che investono sulle nuove aziende tecnologiche scommettendo sul loro futuro spesso con finanziamenti ad alto rischio.

 

Fonte: Il Post




Quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato?

Limite ai prelievi di contanti da conto cointestato e divisione della somma depositata: la guida legale


I conti correnti cointestati sono una soluzione comune per molte coppie e famiglie che vogliono gestire i loro soldi in modo condiviso. Succede, ad esempio, tra marito e moglie o tra genitori anziani e figli. Tuttavia, la questione di quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato può essere fonte di confusione e malintesi.

Per poter avere un quadro chiaro bisogna partire da un dato essenziale: avere un conto cointestato significa essere comproprietari del denaro in esso contenuto. In quale misura? Se non c’è un accordo specifico tra le parti, non oltre la metà. Ed allora ci si chiede: quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato? E cosa succede se si eccede?

Ci sono alcune sentenze che chiariscono come funziona il conto cointestato e quali sono i poteri della banca nell’ipotesi in cui uno dei correntisti dovesse prelevare più della propria quota. 

In questo articolo analizzeremo le diverse situazioni in cui è possibile prelevare denaro da un conto cointestato, i limiti legali e le eventuali conseguenze dell’eccedere questi limiti. Inoltre, forniremo alcuni consigli pratici per gestire al meglio un conto cointestato e evitare malintesi o conflitti con il cointestatario.


Come funziona un conto cointestato?

Il conto deve essere cointestato sin dal suo nascere: è quindi necessario che tutti i futuri intestatari del conto si rechino allo sportello della banca per sottoscrivere le condizioni di contratto. 

L’intestazione del conto può decidere di estinguere il rapporto ed aprirne un altro cointestato, sul quale girare il saldo; in tale ipotesi, secondo la Cassazione, si verifica una donazione della metà del denaro depositato sul conto, sicché il nuovo titolare del conto acquisisce in automatico la proprietà del 50% del deposito. Tuttavia è sempre possibile dimostrare che la cointestazione sia avvenuta per finalità diverse dall’intento di donare, ad esempio per ragioni logistiche (si pensi a un anziano che voglia cointestare il conto al nipote affinché gli gestisca i prelievi e i versamenti). Una prova di questo tipo potrà servire per evitare che, alla morte di uno dei titolari del conto, l’altro rivendichi la proprietà della metà.

Ci sono tre tipi di conto corrente cointestato:

  • a firma congiunta: per fare i prelievi e i pagamenti è necessario il consenso di tutti i correntisti;
  • a firma disgiunta: ciascun correntista può eseguire prelievi e pagamenti;
  • misti: in tal caso, è necessario il consenso di tutti i correntisti solo per prelievi e pagamenti oltre un certo importo.

Quindi, per stabilire quanti soldi si possono prelevare da un conto corrente cointestato bisogna innanzitutto verificare eventuali limitazioni contrattuali che richiedano appunto l’autorizzazione dell’altro cointestatario. 


C’è un limite al prelievo di soldi da un conto cointestato?

Nel momento in cui si ha un conto corrente cointestato, la legge impone di non prelevare mai una somma superiore a quella che è la propria quota. Tale quota deve essere stabilita dalle parti al momento della cointestazione. Spesso però non si chiarisce mai questo aspetto, così la giurisprudenza ha detto che, in assenza di un patto contrario, bisogna presumere che il conto vada diviso in parti uguali. Pertanto, in presenza di un conto cointestato a due persone, ciascuna di queste avrà la metà dei soldi; invece in presenza di un conto cointestato a tre persone, la divisione avverrà nei limiti di un terzo (ossia il 33,3%), e così via.

Come anticipato, se si vogliono stabilire quote diverse (ad esempio il 70% e il 30%) bisognerà prevederlo in un apposito accordo che, per evitare fraintendimenti, dovrà essere scritto.

Attenzione però: come si dirà meglio nel successivo paragrafo, seppure le parti sono tenute a rispettare la divisone del conto secondo la quota a ciascuna di esse spettante, questa circostanza non ha alcun rilievo nei confronti della banca. Poiché infatti il rapporto è caratterizzato dalla cosiddetta “solidarietà”, sia attiva che passiva, ciascun correntista può esigere dalla banca una somma anche superiore rispetto alla propria parte (salvo ovviamente sussista l’obbligo di firma congiunta). Né la banca è tenuta a verificare se il richiedente ha effettuato un prelievo per un importo maggiore rispetto alla parte che gli spetta. 

Cosa succede se una persona preleva più della propria quota?

Come si è appena detto, in caso di conto a firma disgiunta, la banca non è tenuta a verificare il rispetto delle quote di proprietà al momento dei prelievi. L’istituto di credito è infatti debitore nei confronti di ciascun cointestatario per l’intera somma depositata.

Pertanto, in caso in cui uno dei cointestatari prelevi una somma superiore a quella di sua proprietà, l’altro potrà rivalersi sicuramente contro di lui ma non già nei confronti dell’istituto di credito che, per questo, non ha alcuna responsabilità. 

Chi ha prelevato più della propria quota è tenuto, nei confronti dell’altro cointestatario, a restituire la differenza oppure a ripristinare la provvista sul conto.


Che succede se il conto corrente va in rosso?

Come sussiste la solidarietà attiva nei confronti della banca (sicché ciascun correntista può pretendere l’intero importo depositato, anche oltre la propria quota, salvi solo i limiti di firma), la legge prevede anche la cosiddetta solidarietà passiva: in pratica ciascun correntista assume una responsabilità in solido per le obbligazioni nascenti con l’istituto di credito. Ciò significa che se il conto dovesse andare in rosso, la banca potrà chiedere l’intera somma a ciascun cointestatario, indipendentemente da chi, tra questi, ha determinato lo sconfinamento.

 

 

 




Intesa Sanpaolo abolisce gli assegni bancari

Una volta il blocchetto di carta era la prima cosa che veniva consegnata ai clienti che aprivano un nuovo conto corrente. Ma nell’era dei pagamenti digitali, delle app per pagare e dell’home banking, gli assegni bancari stanno diventando degli strumenti del passato. E ora si preparano ad andare in pensione.

Intesa Sanpaolo ha iniziato a rottamarli. In questi giorni a parte dei suoi clienti sta inviando una comunicazione che informa: «Dall’8 maggio non potrai più utilizzare il tuo blocchetto degli assegni». Poi la comunicazione prosegue: «Ti informiamo inoltre, che a partire dalla stessa data, potrai effettuare online bonifici istantanei senza alcuna commissione aggiuntiva, allo stesso costo del bonifico Italia». Per ora i clienti coinvolti sono solo qualche migliaio. Ma via via altri correntisti saranno interessati da questa misura. «Molti clienti non usano praticamente più gli assegni cartacei – dicono da Intesa Sanpaolo –. Abbiamo offerto loro una modalità alternativa di pagamento, digitale, quindi più immediata, ed anche più coerente con le scelte Esg. Ovviamente a parità di condizioni economiche».

La conferma del tramonto degli assegni arriva dai dati di Banca d’Italia: nel settembre 2022, come rivela il report “Sistema dei Pagamenti”, il numero di operazioni con assegni si sono collocate sotto all’1% del totale dei pagamenti con strumenti alternativi al contante. Una quota al lumicino che negli ultimi anni è scivolata sempre più in basso (nel 2013 il livello era intorno al 5%) e che rischia di azzerarsi.

 

Fonte: La Stampa




Landini e Esposito, grande preoccupazione per decisione Intesa Sanpaolo di uscire da CASL ABI

Comunicato stampa
del Segretario Generale CGIL Maurizio Landini e della Segretaria Generale FISAC CGIL Susy Esposito


 

È fonte di grande preoccupazione la decisione di IntesaSanpaolo di uscire dal CASL di ABI, ma tale scelta non deve pregiudicare minimamente la trattativa e il rinnovo del contratto nazionale.

È fondamentale, per il settore bancario e per l’intera economia, riaffermare in questa fase la centralità della contrattazione collettiva, a tutti i livelli, a partire dal CCNL, in un contesto generale già molto incerto, in cui occorre dare risposte concrete, cominciando dai salari, dall’occupazione e, in generale, dai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nel credito.

Questo obiettivo diventa ancora più importante in un settore in trasformazione, attraversato dalla transizione digitale e in cui le relazioni sindacali vantano importanti precedenti in termini di conquiste e innovazioni contrattuali, come sull’orario di lavoro o sullo smart working.

Per queste ragioni la CGIL in stretto rapporto con la FISAC presterà la massima attenzione all’evoluzione della situazione.

Roma, 3 marzo 2023




Intesa Sanpaolo revoca mandato di rappresentanza sindacale ad ABI

Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana, resta in Abi ma ha revocato la delega all’associazione ad essere rappresentata.

E’ quanto confermano varie fonti secondo cui la decisione avviene mentre è in corso con i sindacati la trattative per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto a dicembre e prorogato fino a fine aprile.

Per statuto l’Abi, oltre alle attività di consulenza e informazione, su mandato degli associati, li rappresenta “nel regolamento dei rapporti di lavoro (compresa la stipulazione di contratti collettivi) nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori“. A dicembre Intesa Sanpaolo ha annunciato, per i propri dipendenti alcune iniziative come la settimana corta di 4 giorni, lo smart working fino a 120 giorni l’anno senza un preventivo accordo con i sindacati. Nei mesi precedenti aveva anche disposto delle erogazioni una tantum ai propri dipendenti per supplire ai rincari dell’inflazione e dell’energia. Decisioni che avevano provocato malumori in alcune sigle sindacali che avevano lamentato che in questo modo si perdeva la centralità del contratto nazionale.

Intesa San Paolo ha revocato “il mandato per la rappresentanza sindacale all’Abi per gestire in autonomia la propria partecipazione alla contrattazione. Intesa San Paolo continuerà a partecipare – su invito permanente concordato con Abi – alle future attività del Comitato Sindacale e del Lavoro volte a preparare e a negoziare il rinnovo del Contatto Collettivo Nazionale del Lavoro del settore Bancario”. Lo afferma il Direttore Generale dell’Abi e segretario del Comitato per gli Affari Sindacali e del lavoro, Giovanni Sabatini secondo cui la revoca è datata 27 febbraio. 

Intesa Sanpaolo conferma “di aver comunicato all’Associazione bancaria italiana la revoca del mandato di rappresentanza sindacale e pertanto affiancherà Abi nel confronto con le OOSS nazionali a livello di settore, in una fase di particolare importanza come quella attuale” ma anche di mantenere l’adesione all’associazione. Lo rende noto un portavoce del gruppo spiegando che l’istituto avrà anche una trattativa diretta “per fornire il supporto più adeguato al nostro modello organizzativo e al ruolo ricoperto da Intesa Sanpaolo nel nostro Paese”. Questo in un contesto di “piena garanzia dei diritti individuali e collettivi”. “Intesa Sanpaolo – spiega il portavoce – proseguirà nel dialogo con le organizzazioni sindacali nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come sempre avvenuto, continuando a ritenere le relazioni industriali elemento essenziale nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo, nell’interesse delle nostre persone e della banca”. Intesa Sanpaolo – afferma la stessa fonte – conferma la centralità del contributo delle persone del gruppo; la piena garanzia dei diritti individuali e collettivi sarà assicurata, nel tempo, nell’ambito della contrattazione collettiva discendente dal confronto con le organizzazioni sindacali nazionali ed aziendali, per fornire il supporto più adeguato al nostro modello organizzativo e al ruolo ricoperto da Intesa Sanpaolo nel nostro Paese”.

L’adesione di Intesa Sanpaolo ad Abi resta confermata.




CCNL ABI: proroga al 30 aprile

Oggi, a Roma, è stata firmata una proroga del CCNL ABI al fine di permettere alle organizzazioni sindacali di elaborare la piattaforma per il rinnovo.
Questo è un importante passo per garantire i diritti dei lavoratori del settore bancario e finanziario, poiché il contratto collettivo nazionale di lavoro stabilisce le condizioni di impiego e di retribuzione per gli addetti del settore.

Le Organizzazioni sindacali avranno ora il tempo necessario per elaborare la piattaforma per il rinnovo del contratto collettivo, in modo da poter presentare una proposta completa e ben strutturata ai rappresentanti delle aziende del settore.

È importante sottolineare che la firma di questa proroga rappresenta un impegno condiviso di tutte le parti coinvolte, e si spera che questo spirito di collaborazione continui anche durante i negoziati per il rinnovo del CCNL ABI. In questo modo, si potranno trovare soluzioni che soddisfino le esigenze di entrambe le parti, promuovendo il benessere dei lavoratori e il successo dell’intero settore bancario e finanziario.

 

Verbale di accordo 28 febbraio 2023




Mr. Orcel e i suoi fratelli: il banchiere non va in crisi

La parte fissa del salario dell’AD di Unicredit è 7,5 mln, la più alta in Italia: ora vuole un aumento del 40%. Da Nagel in giù: nessuno fa la fame


 

Questa è la storia di Andrea e dei suoi stipendi. Andrea di cognome fa Orcel e di mestiere fa il banchiere. Da quasi due anni è amministratore delegato di Unicredit, dopo una carriera di 20 anni negli Stati Uniti a Merrill Lynch, poi in Svizzera al vertice dell’Ubs, troncata dopo quattro anni nel settembre 2018 con l’annuncio del passaggio alla guida del colosso spagnolo Banco de Santander. Il fidanzamento è stato rotto prima del matrimonio e ne è sorto uno strascico giudiziario nel quale è stato finora riconosciuto a Orcel un risarcimento di decine di milioni di euro.

Orcel è stato ingaggiato da Unicredit il 15 aprile 2021 con l’indicazione di uno stipendio “ordinario” di 7,5 milioni di euro lordi, il più alto tra i banchieri italiani. Ma già nel 2021 ha guadagnato di più, in totale 8,38 milioni lordi tra stipendio monetario e controvalore delle azioni gratuite. Sull’onda del miglioramento dei risultati finanziari della banca, adesso Unicredit sta esaminando la proposta di dare al banchiere romano un significativo aumento della busta paga.
Ne aveva parlato per primo il Financial Times all’inizio di dicembre. Il Sole 24 Ore ieri ha scritto che “l’istituto di piazza Gae Aulenti sta ragionando su una ‘forchetta’ di remunerazione che implica un incremento compreso tra il 20 e il 40% rispetto allo stipendio attuale: la paga annua di Orcel passerebbe infatti dagli attuali 7,5 milioni a una cifra compresa tra i 9 e i 10,5 milioni”. La decisione sarà presa dal cda entro fine mese e sarà portata al voto degli azionisti nell’assemblea di fine marzo.

Il tema dello stipendio di Orcel da tempo fa discutere. Lui rivendica i risultati della banca, migliorati da quando ha preso le redini (ovviamente ci si basa sulle cifre che lo stesso banchiere porta al cda). Secondo i numeri pubblicati da Unicredit, il 2022 si è chiuso con un utile netto di 5,2 miliardi (6,5 miliardi a livello contabile), +47,7% rispetto al 2021. Risultati che escludono la Russia. C’è stata tensione con la Bce, che ritiene lenta l’uscita dal rischio russo. Il titolo ha raddoppiato il valore negli ultimi sei mesi (+93%), dai 9 euro di agosto ai 18,3 euro di oggi.

La storia del banchiere, nato nel 1963, è scandita dai turbostipendi. Clamoroso il precedente della rottura con la presidente del Santander, Ana Botin, che nel 2019 ritirò l’offerta che gli aveva fatto per lasciare Ubs prima che si insediasse a Madrid. Orcel ha chiesto un risarcimento di 76 milioni. Un giudice spagnolo il 9 dicembre 2021 ha dichiarato valido il contratto del 24 settembre 2018 tra il Santander e Orcel, condannando l’istituto a pagare un risarcimento di 68 milioni. Nel gennaio 2022 la magistratura ha fissato il risarcimento a 51,4 milioni. Il 6 febbraio scorso un tribunale di Madrid ha di nuovo dato ragione a Orcel, ma l’importo del risarcimento è stato ridotto a 43,4 milioni. Santander ha annunciato ricorso alla Corte Suprema.

La crisi non intacca gli stipendi dei banchieri. Nel 2021, secondo l’Autorità bancaria europea (Eba), 351 manager e dipendenti di banche italiane hanno guadagnato oltre un milione di euro lordi, su un totale di 1.957 banchieri in Europa (1.383 nel 2020). E il 2022 andrà sicuramente meglio per la gran parte di loro.

Il Financial Times ha riferito che i “sostenitori” di Orcel dicono che dovrebbe essere pagato come l’ad di Jp Morgan, Jamie Dimon, il quale l’anno scorso ha ricevuto 34,5 milioni di dollari lordi, cifra invariata rispetto al 2021. L’anno scorso gli azionisti della banca hanno respinto la proposta di pagare a Dimon un incentivo straordinario futuro di 50 milioni.
L’ad di Goldman Sachs, David Solomon, è stato pagato 25 milioni di dollari, il 30% in meno rispetto al 2021. I risultati della banca sono peggiorati e la banca ha lanciato un piano di 3.200 licenziamenti. Morgan Stanley ha tagliato del 10% la paga dell’ad, James Gorman, al quale è andata comunque una somma stellare, 31,5 milioni.

Gli stipendi 2022 dei banchieri italiani non sono ancora stati pubblicati. Mediobanca, che conclude l’esercizio di bilancio al 30 giugno, nell’ultimo anno ha aumentato del 31% la remunerazione complessiva dell’amministratore delegato Alberto Nagel a 4,96 milioni lordi e quella del dg Francesco Saverio Vinci a 3,95 milioni.

Dietro Orcel, nella classifica dei banchieri italiani nel 2021, c’è Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, con 6,12 milioni tra stipendio, bonus e azioni gratuite. Quindi Nagel (3,79 milioni), Massimo Bellingheri (ad di Bff, 3,66 milioni), poi Vinci (3,01 milioni) e Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, 2,606 milioni, che ha superato di un soffio Fabio Paratici, l’ex capo della Football area della Juventus, con 2,6 milioni.

 

Articolo di Giulio Da Silva sul Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2023




Intesa Sanpaolo: il calendario delle assemblee

Nei prossimi giorni si svolgeranno in tutto il territorio nazionale le assemblee dei dipendenti del Gruppo Intesa. Oggetto delle assemblee sarà l’illustrazione delle situazione politico sindacale del Gruppo ISP.

Di seguito riportiamo le date delle assemblee programmate, tutte previste durante l’orario di lavoro pomeridiano (dalle ore 14.40 alle 16.55). Le date potrebbero essere soggette a variazioni in caso di improvvisa indisponibilità delle sedi previste. Nell’elenco riportiamo le location già stabilite, riservandoci di aggiornarlo progressivamente.

  • 2/3    Pescara e provincia  (Montesilvano – Grand Hotel Adriatico)
  • 6/3    Chieti e provincia  (Brecciarola – Ristorante New Gilda)
  • 7/3    Teramo e provincia (Teramo – Auditorium IIS Alessandrini Marino, Via Marino 12)
  • 10/3  L’Aquila (San Vittorino – Albergo La Compagnia del Viaggiatore – Spapizar
  • 13/3  Lanciano e limitrofe  (Rocca San Giovanni – Hotel Villa Medici)
  • 14/3  Avezzano e Carsoli (Avezzano – Filiale Via Nazario Sauro 58)
  • 14/3  Isernia
  • 20/3  Vasto e limitrofe
  • 20/3  Campobasso
  • 21/3  Sulmona e Popoli (Sulmona – Filiale Piazza XX Settembre 6)
  • 22/3  Castel di Sangro (Filiale Piazza Teofilo Patini 1/3)